Verso un nuovo equilibro lavorativo 

La pandemia e la conseguente adozione accelerata dello smartworking hanno fatto affiorare un dibattito teso a ridefinire l’attuale modo di lavorare. Tre i temi chiave: primo tra tutti quello dell’autonomia dei lavoratori e della relazione tra accountability e flexibility, alla ricerca di un nuovo equilibrio tra l’esigenza di controllo del manager e quella di dar spazio a tempi e ritmi della linea di riporto diretta. 

“Abbiamo cercato di evolvere ancora di più concedendo alle persone la facoltà di gestirsi come preferiscono: quando andare in ufficio, quando restare a casa a lavorare, quali orari fare. Questa flessibilità è stata oggetto di una survey da cui è emerso che la possibilità di disporre in maniera autonoma e flessibile del proprio tempo è il valore più grande. Per quanto riguarda, invece, l’Accountability s’intende che il lavoratore, pur avendo flessibilità e autonomia, ha al contempo anche la responsabilità di portare risultati e rispettare scadenze e standard di qualità. La responsabilità vuole essere, quindi, una delega fiduciaria”. 

Secondo tema: l’efficacia dell’ambiente digital nel gestire i collaboratori e nel mantenere i rapporti professionali. Qui dipende molto dal manager e dalla sua adozione di uno stile comunicativo aperto e di supporto, fatto di momenti di feedback più frequenti che in passato ma anche di saper mettere in discussione sé stessi e le proprie convinzioni. Questo approccio acquista un valore ancora maggiore se lo si proietta sulle nuove generazioni, dalle quali stanno emergendo nuovi modi di concepire il lavoro.

“Oggi giorno noi abbiamo una generazione di giovani che sta già lavorando nelle aziende e che ha una visione chiara del mondo del lavoro del futuro e di ciò che si aspettano: sono persone che vogliono avere un obiettivo nella vita, che lavorano per esso, che non lavorano per la sola retribuzione, che si aspettano percorsi di crescita strutturati: ragazzi che, in un modo o nell’altro vogliono lasciare il segno. Ovviamente, per gestire queste persone abbiamo bisogno di manager che siano leader e che possano coordinare e supportare i collaboratori in contesti diversi, con generazioni che hanno visioni e aspettative diverse. Oggi il leader deve essere in grado di mettersi in discussione, di gestire in modo cooperativo e non direttivo, di creare ambienti prodromici che incentivino la creazione di idee nuove, perché le idee nuove nascono dalle nuove generazioni. Il mio ruolo è di incentivare e fare in modo che questo accada.”

Terzo punto: la ridefinizione agile dei modi di lavorare, calibrata su un rispetto “agito” dei rapporti interpersonali e sul reale bilanciamento tra sfera privata e lavorativa. Alcune aziende hanno elaborato decaloghi che svincolano le persone che lavorano da casa dal rispondere al fuori degli orari canonici: qui lo snodo chiave sarà la sensibilità dei singoli, in particolare quella del leader, chiamato a mediare per ottenere il meglio da tutto questo e limitare nel contempo gli effetti indesiderati. Tema parallelo è la gestione dei percorsi di on-boarding dove gli strumenti tecnologici possono essere di supporto effettivo senza però limitare la costruzione dei rapporti personali. Ad esempio pillole video online con consigli su come muoversi e interagire nel nuovo contesto: il digitale si inserisce così come strumento davvero utile ad assicurare flessibilità e continuità. 

“Causa lockdown, abbiamo predisposto il lavoro in smartworking a rotazione. Abbiamo cambiato dapprima gli spazi interni, sacrificando le sale riunioni e trasformandole in spazi comuni. Abbiamo cercato il più possibile di effettuare l’on-boarding fisico per evitare di penalizzare i nuovi assunti. […] Abbiamo pianificato in dettaglio la presenza in ufficio, così da permettere ai nuovi assunti di conoscere de visu i propri collaboratori, anche se uno alla volta. L’esperienza dell’on-boarding in presenza è vitale per permettere al nuovo collaboratore di entrare nella cultura e di apprendere il senso stesso dell’azienda.”

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